Il nostro percorso in CAA è iniziato con il supporto delle terapiste, e grazie soprattutto alla volontà da parte di tutti i componenti del nido, di trovare i giusti mezzi per avvicinarsi alle sue esigenze comunicative, indubbiamente complesse.

Quando ci siamo resi conto che per il nostro bambino comunicare nel modo più comune sarebbe stata una strada in salita, insieme abbiamo deciso di trovare noi stessi il metodo migliore per accostarci a lui. Durante la formazione, per far comprendere le basi su cui si edifica la CAA, i docenti hanno ripetuto più volte concetti apparentemente ovvi, che però spesso dimentichiamo. Primo fra tutti la presenza di qualcuno che esprima qualcosa, in qualsiasi forma, e di qualcun altro che sia aperto e pronto ad accogliere questa espressione.
La comunicazione è fatta di tante sfumature, lo sguardo, l’espressione, i gesti, le parole, i versi, le emozioni in tutte le varie forme. Tradurre tutto ciò in simboli è solo una parte della comunicazione, ma offre un mezzo diretto e chiaro, che unisce bambini e adulti. Comunicazione è relazione. Tutto nasce dalla volontà di comprendere e dal desiderio di comunicare. Non potrei immaginare un luogo più adatto per mio figlio, come l’ambiente del nido, una comunità ricca, carica di esperienze, che unite alla consapevolezza che, ogni tipo di comunicazione arricchisce chi la dà, e chi la riceve, ha reso questo percorso un cammino in piano, dove ci si sorprende spesso quando tra bambini <strong>le differenze vengono accolte e comprese senza nessuna difficoltà.

Credo fortemente che per il mio bambino il nido sia il nucleo della sua riabilitazione, o meglio semplicemente della sua crescita. I suoi ritmi, all’interno di una comunità che ha saputo adattarsi e immergersi insieme a lui nella Comunicazione Aumentativa, sono rispettati e accolti. Vedere che, oltre alle educatrici e le operatrici, anche i bambini stessi, suoi amici, abbiano accolto con allegria e curiosità questi metodi nuovi, per rapportarsi a lui e comunicare, mi ha commosso e reso decisamente più serena nei confronti del presente e del futuro.

Il percorso sarà lungo e complesso, ma insieme famiglia, terapiste e tutta la comunità del nido, possono dare voce alle diverse sfumature comunicative, e fornire i mezzi adatti per esprimersi oggi e domani.

C’è un passo ne “Le città invisibili” di Italo Calvino che rende bene quello che voglio esprimere:
Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.
“Ma qual’ è la pietra che sostiene il ponte?” – chiede Kublai Kan.
“Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra” – risponde Marco, – “Ma dalla linea dell’arco che esse formano”.
Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: “Perché mi parli delle pietre? E’ solo dell’arco che m’importa”.
Polo risponde: “Senza pietre non c’è arco”.