Questa è una riflessione riguardo alla documentazione fotografica, strumento privilegiato del nostro agire quotidiano, proposta da Antonella, coordinatrice di alcuni dei nostri Nidi d’infanzia.

Vi capita mai di guardare vecchi album fotografici? O decidere di mettere a posto foto cartacee o catalogare in cartelle quelle digitali? Beh questa è stata una delle mie missioni in questo periodo in cui sono a casa, come tutti.
Inizialmente ho tirato fuori vecchi album per rilassarmi e distogliere la mente da pensieri: alcune non sono foto perfette ma raccontano storie, piene di ricordi, sempre più sbiadite, soprattutto quelle che mi ritraggono da piccola, altre raccontano di viaggi, di amicizie, di vita famigliare, alcune mi strappano un sorriso, altre ancora mi commuovono.

Da adulta la mia idea di fotografia e di documentare i miei ricordi personali è cambiata. Il piacere non sta tanto nel collezionare ricordi da mostrare ad amici o parenti, ma nel realizzare il mio album, la mia documentazione, che è di per sé un’esperienza che mi appaga molto.
Nel guardare e mettere a posto le mie mille foto, due sono stati i pensieri costanti: il primo, come potevo “fermare” questo periodo così delicato che stiamo vivendo? E’ e sarà un pezzetto della nostra storia, per noi sarà un ricordo indelebile che rimarrà nelle nostre menti e cambierà molto probabilmente il nostro stile di vita, ma per altri sarà il futuro, lo studieranno sui libri e forse vecchie foto racconteranno dell’anno 2020 come noi guardiamo oggi foto che ci raccontano della pandemia del 1918.
Il secondo va al mio lavoro. Sono una decina di anni che lavoro come responsabile di nidi d’infanzia. In questi anni ho “riempito il mio zaino” e continuo a riempirlo di esperienze, formazione, relazioni, ascolto, professionalità di tanti esperti e colleghe, uno zaino che porto sempre con me. Trascorro il tempo a leggere, informarmi, programmare e a documentare ciò che sto facendo. Sì, perché documentare per noi educatori è fondamentale, nelle sue molteplici forme di scrittura, di immagini, di suoni, di pagine virtuali. Documentare ha lo scopo, come scrive Mariangela Pasciuti di “fare ricerca, fare meglio il proprio lavoro, raccontare e raccontarsi, progettare, costruire identità, osservare, valutare, autoformarsi.”(Documentare l’offerta formativa)

La documentazione per noi rappresenta una traccia, una memoria di eventi considerati significativi, di situazioni, di stili educativi, di scelte effettuate.

I bambini al nido d’infanzia mi hanno permesso di far accrescere la passione per la fotografia perché dopo mille foto scattate, mille cestinate altre mille raccontano: raccontano il loro stupore per una fogliolina trovata in giardino, per una briciola di pane sotto il loro dito, per un insetto appoggiato su un fiore o un lombrico trovato nella terra dopo la pioggia.

Mi affascina sempre il loro stupore che è desiderio di saper qualcosa” scrive Tommaso d’Aquino.
E’ proprio questo stupore che mi ha fatto desiderare e approfondire la passione, la ricerca e l’importanza della documentazione attraverso la fotografia.
Per i bambini tutto è scoperta, gioco, possibilità di imparare. E grazie anche a loro, sto imparando a “fissare” quella fame di esplorazione, di scoperta e stupore in foto che raccontano di loro, che raccontano di noi. Inseguire con la macchina fotografica le loro manine, i loro sguardi, i loro intenti mi manca… ma anche da casa sto e stiamo cercando di non perdere la memoria, di continuare a ricordare a distanza attraverso foto che raccontano di nostri servizi, video di colleghe che rallegrano e tentano di ridurre le distanze, lavoro assiduo di coordinatori d’area e direzione che continuano a documentare nelle tracce del passato, le linee del futuro.

E’ bello guardare indietro, attraverso vecchie foto, sfogliare vecchi album: ci aiuta a capire meglio chi siamo e la strada che abbiamo percorso, ma ancora di più, in questo momento, ci fa prendere maggiore consapevolezza della strada da intraprendere.

“Ho fatto delle foto.
Ho fotografato invece di parlare.
Ho fotografato per non dimenticare.
Per non smettere di guardare”.
Daniel Pennac